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Il telefonino squillò per circa un minuto
prima che il suono riuscisse a svegliarmi, lo cercai a tentoni tastando qua e
la il divano, poi lo presi e senza vedere lo schermo digitai sul tasto che
rifiutava la chiamata e lo spensi.
-Ancora cinque minuti e mi
alzo. – ripetei tra me e me.
In realtà di minuti ne passarono trenta.
Quando mi alzai, mi diressi in bagno, riempii la vasca e mi ci immersi. Con la
mente ripensavo al percorso che avevo fatto a piedi dalla villetta del professore
sopra Monreale fino a casa mia, era stata una lunga camminata, durante il
tragitto avevo cercato di mettere in ordine tutti i pezzi della storia. Mi
sfuggiva qualcosa, un particolare che
non avevo messo a fuoco. Poi non riuscivo a capire il significato di quei
simboli lasciati sui corpi delle vittime, Tusa era una persona ormai
ossessionata dalla vita dei quattro ingegneri, era diventata una persona del
tutto squilibrata, così si potevano spiegare quei segni e quelle frase
enigmatiche in latino? “In girum imus nocte, ecce et consumimur igni” questa
frase mi rimbombava in testa, “Così la mano del diavolo fu veloce,
diceva.. quel povero uomo era totalmente impazzito, vedeva diavoli
ovunque, cercava di togliersi dalla coscienza il peso degli omicidi scaricandoli
al diavolo. Un uomo così grande e grosso, ma allo stesso tempo così tanto
fragile”. Il telefonino riprese a squillare, questa volta non mi sentivo di
ignorarlo, uscii in fretta dal bagno, e ancora bagnato e avvolto da un’
asciugamano mi diressi verso il cellulare che aveva appena smesso di squillare.
Guardai nel display, vidi che avevo diverse chiamate non risposte, quattro di
Domenico, una di Serena dalla Spagna, il resto erano dell’ingegnere Lo Vecchio.
“Prima mi asciugo e mi vesto e poi lo chiamo, sarà molto preoccupato per la mia
sorte”. Dubitavo però che quell’uomo dagli occhi di ghiaccio e dall’espressione
glaciale si fosse mai preoccupato per qualcuno. L’ingegnere però mi anticipò,
il telefonino squillava nuovamente.
“Come non detto. E va bene
togliamoci questo dente, rispondiamo.”
-Pronto, ingegnere è lei? –
-Sì, salve! Ma che fine ha
fatto? Dove si trova? –
Il tono di voce di Lo
Vecchio sembrava ansioso. Cercai di tranquillizzarlo.
-Mi deve scusare ingegnere,
ma ieri nella mattinata ho deciso di tornare a casa. Sto bene comunque, non le
ho risposto prima perché dormivo. –
-Mattinata? Sarà stato
molto presto! Senta le devo dare delle novità, ieri notte mi sono recato dai
carabinieri, ho dichiarato che il giorno prima avevo ricevuto una lettera anonima,
nella quale mi si intimava di presentarmi il giorno dopo alle sei del
pomeriggio alla chiesa di Santa Rita, ho detto che potevano esserci legami tra
la lettera anonima e l’incendio della chiesa. Non ho aggiunto altro, non l’ho
neppure menzionata. –
-Non le hanno fatto altre
domande? E del prete non ci sono tracce? –
-Mi hanno chiesto se
conoscevo il Tusa, ovviamente ho risposto di no. Io questo signore è la prima
volte che lo sento nominare. –
“E
certo povera vittima, non ricorda niente..” anche se era passato tanto tempo e
quella tragedia è stata casuale, lui e gli altri tre erano comunque
responsabili della morte dei genitori di Don Tusa, sempre se il suo racconto
fosse stato corretto.
-Ho però da dirle una cosa.
– continuò Lo Vecchio – quando sono tornato a casa mia, ho ricevuto una
telefonata.. era quel pazzo del prete, ha detto che vuole incontrarmi alle
diciotto a Monte Pellegrino. Ho provato a fargli domande, ma ha riattaccato
subito. Ora, mi stia a sentire, ci ho pensato tutta la notte, ho deciso di
presentarmi all’appuntamento, senza dire niente alle forze dell’ordine..
perché.. perché.. insomma io ho una reputazione, siamo davanti ad un pazzo, e
non tollererei che la mia vita che ho costruito con tanta fatica e con essa
anche la mia famiglia, venisse distrutta e infangata da una mente malata. Andrò
da solo e le confesso che ho molta paura, ma lo devo fare, e lo faccio anche
per lei, visto i pericoli che ha corso ieri notte e a casa di Tommasini. –
“Il vigliacco non vuole
dirlo ai carabinieri, perché uscirebbe la storia della morte dei genitori di
Tusa! Questo matto si farà ammazzare”.
-L’accompagno, non mi
chieda perché, ma vengo con lei. –
Risposi senza rifletterci
su, sapevo benissimo che non lo facevo per lui, andavo a fondo perché volevo
essere certo che ci sarebbe stata una conclusione “L’ingegnere forse non ne
uscirà vivo, ma io non potrei vivere con la paura di essere minacciato o
osservato da uno squilibrato! Rifletti Andrea sarebbe meglio andare dai
carabinieri e riferire loro tutta la storia.. Si e poi nell’attesa che fanno
qualcosa, uccide me altri e.. se tocca Serena.. No lei no, perché dovrebbe
minacciare anche lei? Già e io in questa storia come ci sono caduto? Si,
mettiamo fine a questa carneficina.”
Sentivo che questa storia mi
stava risucchiando fin dall’inizio, più cercavo di uscirne più ne venivo
invischiato, mi sentivo come quella piccola imbarcazione norvegese che finiva
nel centro di un immenso vortice chiamato Maelstrom, come descritto da Edgar
Allan Poe in un suo racconto.
-Grazie, sapevo che mi
avrebbe accompagnato, l’avevo giudicata come una persona coraggiosa e generosa,
e non mi sono sbagliato, come vede valutare una persona è il mio mestiere. –
Accennò una risata. “Verrò,
ma io la mia pelle la salvo.”
-Allora – continuò – tra
dieci minuti la passo a prendere ci recheremo all’appuntamento e ci darà la
radice.. e ci darà la radice del problema. –
“E ci darà la radice, già
speriamo, non ci dia altro.. e ci darà la radice.. e ci darà la radice..”
questa frase mi rimbombava in testa.
-Mi può dare il suo
indirizzo? Pronto? Pronto..”
CLICK
“Un filo di luce forse?
Forse.. Ma c’è qualche altra cosa che mi è sfuggita. Ora richiama, ora
richiama”.
Il telefonino squillò
subito dopo, non erano passati una manciata di secondi. Era di nuovo Lo
Vecchio.
CLICK
-Pronto? Deve essere caduta
la linea. –
-Sì, mi scusi mi può
ripetere quello che intende fare, allora ha denunciato il fatto alla polizia,
ma non ha detto niente su quest’ultima telefonata che ha ricevuto ieri notte da
parte di padre Tusa? Scusi mi sono distratto un attimo ero sovrappensiero. –
-Sì, ieri prima di tornare
a casa mi sono recato dai carabinieri e ho dichiarato che avevo ricevuto una
lettera anonima dove mi si intimava di recarmi in una
Chiesa, che poi era quella
di padre Tusa dove è scoppiato l’incendio. La notte a casa ho ricevuto una
telefonata, era Tusa, mi ha detto di presentarmi oggi a Monte Pellegrino. Le ho
chiesto se poteva accompagnarmi e mi è sembrato che lei abbia accettato. Mi può
dare il suo indirizzo? –
Gli diedi l’indirizzo e
chiusi subito la comunicazione, avevo poco e tempo e tante cose da scrivere..
dovevo scrivere, avevo bisogno di scrivere.
Scrissi due lettere, le
misi in due buste diverse, ero pronto per scendere e aspettare giù l’arrivo di
Lo Vecchio, prima di lasciare l’appartamento mi recai in cucina tirai fuori dal
cassetto il coltello più affilato e grosso che avevo e lo misi nella tasca
interna della giacca. Poi scesi, comprai i francobolli e spedii le due lettere
che avevano lo stesso destinatario.
“Fatto”. La Mercedes
dell’ingegnere si accostò al marciapiede. Presi coraggio ed entrai dentro.
-Salve, andiamo. – Disse
senza aggiungere altro, in macchina cadde un silenzio pieno di domande.
-E’ teso vero? Non si
faccia ingannare dal mio aspetto apparentemente calmo, lo sono anch’io. Apra il
cruscotto per favore, ci dovrebbe essere uno stick di caramelle alla menta
extra-forte, può passarmelo? –
Presi le caramelle erano
quelle che mi offrì quel pomeriggio quando lo andai a trovare nel suo studio.
Ne mise in bocca una.
-Buona, forte, sono le mie
preferite, ne prenda una! –
Presi una caramella e la
lasciai sciogliersi in bocca.
-Dove ci aspetta? – chiesi.
-A Monte Pellegrino,
all’altezza della grotta del Pidocchio ci dovrebbe essere uno slargo. –
Non sapevo dove fosse
questa grotta “Ingegneri.. sicuramente avrà passato la notte a scoprire dove
fosse questa grotta e a studiare il percorso migliore per arrivarci”.
Anche se avevo dormito abbastanza, cominciavo
a sentirmi stanco, avevo sempre più desiderio di chiudere gli occhi e
addormentarmi.
“Ma cosa c’è che mi sfugge?
E se avevo ragione? In girum imus
nocte, ecce et consumimur igni.. e
ci darà la radice..” Sorrisi, ma non bastava questo..
guardai attraverso il
finestrino, le giornate si andavano allungando c’era ancora tanta luce, si
avvertiva il primo caldo e i vestiti più leggeri dei passanti lo confermava.
“.. la mano del diavolo fu veloce.. avevo davanti ai miei occhi ciò che per
anni avevo solamente desiderato, ancora agonizzante .. Entrai dentro e
mi imbattei nella figura imponente di padre Tusa.. Questa doveva essere l’arma
con la quale mi sarei fatto giustizia..
ma qualcuno più potente di me ha deciso che la vendetta sarebbe stata in
altro modo..”
Eravamo giunti ai piedi del
monte, stavamo iniziando la salita.
“E no caro Tusa, qui ti sei
sbagliato! A guidarti nella vendetta non era un essere soprannaturale.. tra
dieci minuti la passo a prendere ci recheremo all’appuntamento, mi può dare
l’indirizzo? Come faceva a sapere quanto ci avrebbe impiegato se non sapeva
dove vivo?”
Il mare azzurro della
Addaura splendeva alla nostra destra, un peschereccio si allontanava dalla
costa.. avevo trovato la chiave.. Andrò da solo e le confesso che ho molta
paura, ma lo devo fare, e lo faccio anche per lei, visto i pericoli che ha
corso ieri notte e a casa di Tommasini.. così aveva detto.. solo
l’assassino e Serena, alla quale avevo raccontato tutto, potevano sapere della
mia presenza a casa dell’ingegnere Tommasini, la notte in cui morì.. E io
quell’assassino l’ho visto ed ora ricordo che non aveva la corporatura di padre
Tusa. Avevo ragione.”
-Non avete mai provato
rimorsi per ciò che avevate provocato ai genitori di Tusa, lei ei suoi
colleghi? Non erano altro che una prostituta e un prete vero? –
Sbottai improvvisamente
cercando di incrociare lo sguardo di Lo Vecchio. L’ingegnere rimase
imperturbabile, stava affrontando una curva che finiva su un lungo tratto
rettilineo.
-Poi è spuntato dal nulla
un uomo che si dichiarava figlio di quella strana coppia. Aveva le prove di ciò
che accadde quella notte, foto che lui stesso aveva
scattato. –
-Ma cosa sta dicendo? Si
prepari a scendere siamo arrivati. –
L’ingegnere non percorse
tutto il tratto rettilineo, svoltò a destra a metà strada, entrammo in uno slargo,
continuò ad avanzare con la macchina e ci addentrammo in un boschetto di pini,
lì fermò la macchina.
“Devo scappare, o sarà
troppo tardi per me” non avevo altra scelta era l’unica via di salvezza,
l’unica intenzione dell’ingegnere era quella di togliermi di mezzo, ero certo
che non avremmo trovato nessun padre Tusa.
“Il bastardo l’avrà ucciso
ieri sera”. Sentivo però alle gambe un certo torpore, e in generale una stanchezza
sempre crescente, i muscoli pesanti i riflessi sempre meno pronti.
-Avanti scenda,
l’appuntamento è qui. –
Appena mi diede
quest’ordine, aprii la portiera della macchina, e mi lanciai verso l’uscita, ma
anziché mettermi a correre verso la strada, caddi in avanti. Le gambe erano
intorpidite, le sentivo molto pesanti come sassi. Quando mi rimisi in piedi, Lo
Vecchio era già di fronte a me.
-Ma dove vuole andare? –
disse ridendo.
-Non vede che siamo dove
dovevamo essere? Guardi lì c’è Michelangelo Tusa. - e mi indicò un punto in cui la terra sembrava
rialzata, c’era una sorta di tumulo di terra e fogliame.
-L’ha ucciso! Vero
bastardo?! Lei ha anche ucciso tutti gli altri, Leone, De Felice, Tommasini e
Pintacura. –
-Che bravo, lei dimostra di
essere intelligente e siccome mi è anche simpatico le racconterò tutta la
storia. –
- Lei è un pazzo, e non è
nemmeno tanto furbo, se sono riuscito a smascherarla io ci riusciranno polizia
e carabinieri, lei si è tradito più volte stamattina al telefono. Sa da cosa ho
capito che era stato lei? Da un palindromo, e ci darà la radice.. le
devono piacere molto i giochi di parole.. –
- In girum imus nocte,
ecce et consumimur igni.. Allora quel foglio, l’ha trovato lei, pensavo
fosse andato disperso, peccato, non ho avuto tempo di tatuarlo sul corpo del
povero Tommasini. Sicuramente sarebbe stato un altro colpo di scena. Lei è più
astuto di quanto pensavo. Anche se ha commesso un errore. Non riesce a
camminare bene, vedo.. le è piaciuta la caramella? –
“Mi ha drogato, che stupido
che sono stato! Sono fregato..”
-Si tratta solamente di
Ketamina, non è altro che un potente anestetico che blocca le vie nervose.. sa
è fortunato.. non solo perché è riuscito per ben due
volte a salvarsi, ma anche
perché non sentirà troppo dolore.. tra poco.. –
Mi appoggiai con la schiena
alla macchina, cominciai a sudare freddo, mi sentivo sempre più debole. Tenevo
una mano sopra la giacca in corrispondenza con la tasca interna dove avevo
sistemato il coltello, era l’unica strumento per difendermi che potevo
utilizzare e dovevo essere pronto in ogni istante a controbattere un possibile
improvviso attacco da parte dell’ingegnere. Lui in realtà era sempre calmo e
distaccato, come un cobra aspetta che il veleno iniettato ad una preda facesse
effetto immobilizzandola.
-Io e gli altri miei tre ex
colleghi, eravamo compagni di scuola, frequentavamo il liceo classico Umberto I.
Eravamo molto amici, un’amicizia cementata dalla comune passione per la scienza
e per il Positivismo. Ovviamente l’humus nel quale vivevamo è uguale a quello
che c’è oggi.. ed è tutto dire.. ci isolavamo nelle nostre letture, nelle
nostre traduzioni di greco e latino, nelle dimostrazioni di Analisi Matematica,
nei nostri esperimenti di fisica. A scuola godevamo di una certa fama, i nostri
insegnanti o ci apprezzavano per la nostra vivacità intellettuale o ci detestavano.
E quelli che ci detestavano ci vedevano come delle teste calde, degli agnostici
filo comunisti, dissacratori delle sacre tradizioni popolari della nostra terra.
In realtà non capivano niente, non eravamo filo comunisti, a noi della politica
non interessava nulla, del resto anche quelli che si definivano comunisti ci
disprezzavano, accusandoci di snobismo e individualismo. A noi di queste
persone non interessava nulla.. che continuassero a cullarsi nelle loro
illusioni. L’unica persona che non tolleravamo era il nostro insegnante di
religione. Per noi la religione era uno specchio per allodole, entrammo subito
in conflitto con lui. Era un personaggio squallido, predicava bene e razzolava
male. Cominciammo e seguirlo, assistevamo alle sue messe e gliene facevamo di
tutti i colori. Era un individuo ignorante, scoprimmo che si approfittava delle
sue parrocchiane, e che aveva una relazione con una prostituta. Era un pappone,
un uomo semplicemente ridicolo. Quella sera a cui si riferisce, noi volevamo
solo smascherarlo, la cosa poi degenerò. Riuscimmo ad entrare nella casa della
prostituta, il prete era furioso. Impazzito si avventò su di me. Mi voleva
strozzare! Capisce?! –
Lo Vecchio, mi faceva
terrore, confrontavo il racconto che mi aveva fatto don Tusa, tutto agitato,
sudato, lui al contrario era imperturbabile, pacato, ricostruiva la storia con
lucidità, un pezzo alla volta, il tempo c’era, le mie gambe perdevano forza a
poco a poco.
-L’ho ucciso io, per
difendermi, o morivo io o moriva lui. E per fortuna trovai un coltello sul
tavolo e lo feci secco. La donna non ricordo nemmeno come sia morta.
Abbandonammo il posto e cercammo di riprendere la nostra vita. Per quanto mi
riguarda, non ebbi nessun rimorso, per me si trattava di un pidocchio, per gli
altri miei amici fu più difficile, ma eravamo giovani, non potevamo rischiare
di compromettere il nostro futuro. Tutto fu superato, con gli anni la faccenda
venne sepolta, la nostra amicizia si allentò finché non persi le tracce di
Tommasini e De Felicie, rimasi amico di Leone. Lo scorso Settembre, tutto
improvvisamente precipitò. Ciascuno di noi cominciò a ricevere delle buste
anonime che contenevano nostre foto di anni diversi che ritraevano vari
spaccati delle nostre vite. Qualcuno ci aveva spiati per anni a nostra insaputa.
Non riuscivamo a capire il senso di tutto questo, a Novembre però ricevetti una
foto particolare, era di quella maledetta sera, mi rivedevo da adolescente
davanti al corpo inerme del prete, ad accompagnare la foto c’era un bigliettino
che ci diceva di presentarci il quattordici Novembre a Piazza Pretoria. –
L’ingegnere sbottò in una
risata che aveva un qualcosa di atroce.
-Che stupidi! Dovevamo non
presentarci! Glielo spiegai, dissi chiaramente di cestinare la foto, si
trattava di uno squilibrato, che non dovevamo temere niente. Invece scoprii che
i miei ex compagni, chi per motivi morali, Tommasini per esempio mi confessò di
aver portato questo grosso peso per anni, chi invece per paura di una tardiva
giustizia, cominciavano a cedere. Io la notte del quattordici, mi presentai
prima dell’ora dell’appuntamento, dopo di me si fece vivo solo Leone.. non
c’era altra scelta, avevo costruito la mia carriera con molta fatica e col
sudore, non potevo distruggere tutto per uno squilibrato e per dei rammolliti,
avevo portato con me un coltello, la pioggia fitta fu decisiva per ucciderlo
senza dare nell’occhio. La croce che spuntò dopo, non fece altro che romanzare
tutto. Non so nemmeno da dove sia spuntata. –
“Quella notte eravate in
tre all’appuntamento”.
-Le illusioni mio caro.. i
media trasformarono la morte di Leone in un romanzo. L’effetto che ne scaturì
sugli altri miei ex compagni fu quello desiderato. Avevano paura, pensavano che
l’assassino fosse stato l’enigmatico ricattatore, ma qualcosa andò storto,
Tommasini voleva lavarsi la coscienza presentandosi alla polizia, De Felice
dava segni di squilibrio. In più non sapevamo chi fosse quest’uomo che ci
ricattava. Non potevo rischiare, dovevo uccidere gli altri due. Poi è entrato
nella storia lei, Tommasini pensava che fosse lei l’assassino. Scoprì dove
abitava, ma una volta conosciuta ha capito che lei era estraneo a tutto. Decisi
così di ucciderli entrambi e di alimentare la falsa pista dell’omicidio
seriale. Le devo confessare che la cosa cominciò a piacermi, riempire di
frottole gli italiani era una cosa che pensavo di poter fare solamente se
avessi fatto il prete o il politico. In fondo Palermo mi deve ringraziare, ho
donato un brivido, una scossa a tutti gli abitanti. L’essere umano è più
attratto dal male che dal bene, se lo ricordi. –
“Quest’uomo è pazzo”. Le
gambe stavano cedendo, mi stavo accasciando sulla macchina, le palpebre le
tenevo aperte a stento.
-Una volta uccisi, mi
mancava da scoprire chi fosse l’artefice di quelle foto, e sistemare anche lei.
Fu più facile la prima cosa. Con grande sorpresa fui contattato da padre
Pintacura, mi disse che aveva cose importante da dirmi, chi fosse costui non lo
sapevo minimamente. Ci incontrammo nella chiese di San Giuseppe dei Teatini, a
quest’incontro si presentò anche Michelangelo Tusa. Tusa rimase in silenzio per
quasi tutto l’incontro, Pintacura mi spiegò tutta la storia, pensavano che a
causare gli omicidi fosse stato il demonio. Si può arrivare a questo mi chiedo?
–
“In effetti ci hanno preso,
che differenze possono esserci tra questo pazzo e il diavolo?”
-Tusa voleva il mio
perdono, e io glielo detti. Quello squilibrato non si rendeva conto di aver
condannato a morte un altro uomo. Rimasto solo col vecchio prete lo uccisi. La
cosa più difficile invece, come dicevo, era eliminare lei. Ho provato a farlo a
casa del Tommasini, ho ritentato a casa sua, stava per morire nell’incendio che
ho appiccato alla chiesa, ma i pompieri l’hanno tratto in salvo. –
-Lei ha ucciso padre Tusa,
e poi ha incendiato la chiesa con me dentro! Lei è un pazzo! –
Gli urlai in faccia con
tutta la rabbia che avevo.
-Ho saputo, con pazienza,
come un ragno, tessere la mia rete, e lei involontariamente c’è caduto,
comunque sia se non fosse caduto in quella mia, sarebbe finito in quella costituita
da illusioni, tessuta dalla vita, in questa rete ci finiamo tutti, come vede
per lei il destino non è stato banale.. Adesso caro mio tutto finisce, si cala
il sipario, troveranno il suo corpo accanto a quello di Tusa. Un ultimo mistero
per questa città assetata di mostri e di eroi. –
Mi girai di scatto e cercai
di correre, Lo Vecchio si fiondò su di me, mi afferrò da dietro per il collo,
mi voleva girare e strozzare, infilai una mano nella tasca interna della giacca
dalla quale presi il coltello, lo impugnai con tutta la forza, adesso aspettavo
solamente di trovarmelo davanti. Ed infatti l’ingegnere mi girò con una
facilità impressionante, quell’uomo era dotato di una forza mostruosa, persi
l’equilibrio caddi all’indietro con l’uomo su di me. Lo Vecchio cadendo si
ritrovò l’addome squarciato dalla lama del mio coltello, io invece urtai la
testa su un masso e persi i sensi.
E fu il buio.
Non so quanto tempo passò dall’impatto che
ebbi col terreno al momento in cui mi rialzai. Mi sentivo leggero, non
avvertivo dolori, anche se dovevo avere una grossa ferita alla testa, dietro di
me c’era tanto sangue, ma non me ne curai. Con la coda dell’occhio vidi il
corpo di Lo Vecchio inerme poco distante dalla chiazza di sangue, ma non me ne
curai. Respirai con forza, poi mi feci avanti tra i rami bassi di alberelli di
pino, per raggiungere lo spiazzale che dava sulla strada, da lì mi trovai
davanti l’intera città di Palermo. Non l’avevo mai vista così bella, per la
prima volta l’immagine della mia città mi strappò un sorriso, un sorriso
sincero di ammirazione per la sua bellezza. La luce che proiettava era sempre
più intensa, tutto era ormai il passato.
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