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venerdì 9 maggio 2014

IL GIOCO DEL RAGNO CAPITOLO 28



                                         28

Rimase inginocchiato per un tempo che sembrava indefinito. Dalla bocca non uscivano i versi di una preghiera, non riusciva a pregare. Si sforzò di recitare il Padre Nostro, la preghiera a lui più cara, ma non ce la faceva.
“Padre Pintacura..”
Alla fine il suo odio aveva eliminato anche lui. Non c’era più speranza di salvezza, il demonio seminava morte utilizzando lui come aratro.
“Michè hai dato la tua vita al diavolo. Guardati sei diventato un demone”.
Aveva come l’impressione di sentire il ghigno del demonio prendersi gioco di lui.
“Mi aveva promesso la salvezza Don Arturo..”
Chiuse gli occhi si sforzò di nuovo di pregare, ma non riusciva. Aveva ucciso un uomo buono, un uomo che l’aveva accolto nella sua chiesa, che lo aveva fatto studiare che gli aveva dato una possibilità di uscita da un incubo.
Alzò la testa e guardò la scrivania, sul tavolo scintillava una pistola. Si alzò e la impugnò, la mano gli tremava. Non era mai stata adoperata, aveva pensato tante volte di utilizzarla, doveva essere lo strumento per fare giustizia, l’arma con la quale avrebbe ottenuto la sua vendetta. Accarezzò la pistola, poi la posò dentro un cassetto della scrivania, lo chiuse a chiave e mise questa in tasca.
“Devo scappare o consegnarmi totalmente al male e completare la sua opera. Resta solamente una persona da uccidere, tutto sarà così compiuto, ma la mia anima persa per sempre”.
Iniziò a camminare su e giù per la stanza come faceva quando era nervoso.
“Ciro Lo Vecchio, manca solo lui.”
Era forse quello che odiava maggiormente fra i quattro. Lo conosceva bene, il brillante professore universitario, aveva seguito tutta la sua carriera. Sapeva tutto del suo successo, sui lavori che la Regione gli aveva affidato. Conosceva la sua bella famiglia, i suoi due figli che studiavano in California, il suo appartamento in via Libertà, aveva invidiato persino le sue macchine belle, sportive, proprio lui che non sapeva guidare.
Era rimasto colpito dal suo fascino, molte volte provò vergogna quando ebbe sentimenti di ammirazione per quell’uomo. La qualità che apprezzava maggiormente di Lo Vecchio era la freddezza. Un uomo freddo e razionale, queste erano le caratteristiche del professore.

“Ora tocca a te,e anche se scappassi sarebbe un essere malvagio a completare l’opera.” Un brivido di paura gli percorse la schiena, pensava alla croce capovolta impressa sul corpo del povero Pintacura, alla fine sarebbe toccata pure a lui una fine così, avrebbe potuto fuggire, ma tutto era già scritto “Sono un’anima dannata” e sapeva bene che il diavolo non risparmia nessuno.               

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