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sabato 18 gennaio 2014

IL PENSIERO DI HERMANN VON SALZA: CIRCA LE GUERRE CIVILI...


Vi propongo la lettura di una nota sulla guerra civile americana, scritta da uno storico che si firma Hermann von Salza.

Nel 1861 erano passati poco più di ottant’anni  dalla nascita ufficiale della nazione americana, una nazione sentita dalle popolazioni coloniali come una realtà forte e voluta da tutti gli interessati anche se nata in un contesto politico ed economico “rivoluzionario”. La nazione americana era nata in contemporanea come stato, anzi, per essere più corretti, come stati decisi ad una forma indispensabile di unità.
Ogni paese ha la sua storia, quella degli Stati Uniti ne ebbe una fra le più particolari ed originali. Il problema dell’omogeneità del paese fu fin dall’inizio rilevante. Fra Nord e Sud, fra Est ed Ovest, man mano che l’Unione cresceva e si espandeva, gli elementi di differenziazione anzi che alleggerirsi si appesantivano notevolmente. Ogni nazione, anche quelle più consolidate nella storia, nella geografia, nella comune cultura e nella struttura economica dominante, presenta particolarismi  che, sebbene scontati e prevedibili, e  con i quali inevitabilmente si convive, possono, per tante ragioni,  mettere in crisi il tutto. E scoppiano, nei casi limiti, le guerre civili. Le cause scatenanti possono essere prevalentemente politiche o economiche o ideologiche come in Inghilterra nel Seicento, in Francia alla fine del Settecento, in Spagna nel Novecento; ma anche l’Italia ha conosciuto la sua guerra civile, e tanti altri paesi europei, e tanti altri paese nel mondo.
Tutte le guerre sono terribili, ma quelle civili, quelle cioè fra popolazioni che hanno più elementi in comune che diversificazioni, sono le più tremende.
Le differenze fra il Nord-Est ed il Sud-Est americano , per motivi economici e culturali,  erano probabilmente destinati ad esplodere in qualunque momento, soprattutto da quando , da una partenza sostanzialmente equivalente ed economicamente equilibrata, il Nord si era fortemente rafforzato puntando  sull’industrializzazione del paese e adottando una visione della vita positiva e ottimista, tutta proiettata verso il futuro;  il Sud era rimasto agricolo ed ancorato alla conservazione di valori, ideali ed interessi  destinati ad essere travolti dalla trasformazioni in corso in America . A complicare il quadro,  il differente ruolo e le differenti convinzioni  sulla schiavitù nera  fra i tanti partiti e le tante fazioni  in campo. All’inizio degli anni sessanta  dell’Ottocento ben pochi americani propendevano per la scomparsa totale della schiavitù nel paese. Prevaleva l’idea, sostenuta anche dalla Corte suprema degli Stati Uniti, che ogni stato dovesse regolare liberamente in proprio la questione. I contrasti si riferivano ai territori federali , se cioè nel momento in cui questi sarebbero divenuti stati dell’Unione potessero o non potessero essere schiavisti. Se l’elemento scatenante della crisi fu la questione della schiavitù, formalmente nei territori, sostanzialmente in tutto il paese, questione  per il Sud economicamente vitale, per il Nord ideologicamente importante, le spinte secessioniste meridionali col passare del tempo si erano sempre più rafforzate e la tentazione di giocare la carta di una diversa identità nazionale  si era fatta sempre più forte; e i più deboli presero l’iniziativa.
Era stato il sud a spingere alla guerra, quando undici stati meridionali, South Carolina, Mississippi, Florida, Alabama, Georgia, Louisiana , Texas, Virginia, Arkansas, North Carolina, Tennessee, si erano unilateralmente staccati dall’Unione e  costituiti in una nuova entità politica , gli Stati Confederati d’America   con Jefferson Davis  presidente, il 9 febbraio 1861, prima ancora che Abraham Lincoln si insediasse come presidente eletto da tutti gli stati dell’Unione il 4 marzo di quell’anno. Le operazioni di guerra erano iniziate il 12 aprile quando i confederati avevano attaccato il Fort federale Sumter, nello stato secessionista del South Carolina. Per il governo degli Stati Uniti si trattava di stroncare una illegittima ribellione, per la Confederazione di difendere la propria proclamata indipendenza. Lincoln si impegnò con tutte le sue forze e il suo notevolissimo ingegno politico per salvare l’Unione e , nel contempo per favorire l’ammodernamento e l’industrializzazione del paese. Lincoln avrebbe invece  aspettato quasi due anni per sventolare ufficialmente la bandiera dell’anti schiavismo promulgando, il  1 gennaio 1863,  il Proclama di Emancipazione degli schiavi appartenenti agli stati della Confederazione. Successivamente, ci vollero altri due anni per fare approvare  dal Congresso, il 31 gennaio 1865,  il XIII emendamento alla costituzione americana  per l’abrogazione definitiva e totale della schiavitù in tutti gli Stati Uniti.
La lentezza con la quale , nel veloce turbinio delle operazioni militari, si affrontò e risolse la questione schiavista si spiega con la prudenza di Lincoln nell’affrontare questioni che avrebbero potuto rendere definitiva la disintegrazione della nazione, ma non solo; c’era altro. Non tutti gli stati rimasti fedeli all’Unione erano anti-schiavisti e per molti politici di Washington, nonostante la guerra in corso, anzi legata ad essa , vi erano altre esigenze prioritarie rispetto alla liberazione degli schiavi quali le tariffe doganali a protezione della produzione industriale o  l’ampliamento della rete di comunicazione interna nel loro immenso paese.
E in realtà queste politiche pragmatiche e concrete diedero il loro frutto: il Nord si rafforzò  enormemente  sul piano produttivo e materiale  e poté vincere  la guerra  che sarebbe finita il 9 aprile1865. Cinque giorni dopo, il 14 aprile,  Lincoln veniva assassinato.
Una guerra civile , come abbiamo già detto, è qualcosa di spaventoso, ma è anche il modo più rapido e risolutivo di risolvere certi gravissimi problemi.  Si sarebbe definitivamente costituito lo stato costituzionale in Inghilterra, o la repubblica democratica in Francia senza le violenze e gli arbitri della rivoluzione inglese o di quella francese? E sarebbe mai nata le repubblica italiana senza la guerra fratricida del ’43-45?
Forse queste operazioni riescono al meglio, compensando tutte le distruzioni morali e materiali con risultati veramente validi,  quando sono guidate con moderazione e lungimiranza, con determinazione ma anche con prudenza,  come avvenne nella guerra civile americana,  condotta, più ancora di tanti altri protagonisti, dal presidente Lincoln . E  pensiamo che sarebbe andata ancora meglio per quel paese se l’azione lincolniana non fosse stato così bruscamente interrotta .

Lincoln si era dato come grande obbiettivo della sua azione politica la salvaguardia dell’Unione cioè di quell’unica istituzione che secondo lui poteva  garantire alla nazione americana libertà e progresso, democrazia e legalità. Per tutto quello che lui fece in difesa di quei valori,  io credo che a tutt’oggi  gli americani gliene sono ancora grati.
                                                                                                    Hermann von Salza

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