Vi propongo la lettura di una nota sulla guerra civile americana, scritta da uno storico che si firma Hermann von Salza.
Nel 1861 erano passati poco più di ottant’anni dalla nascita ufficiale della nazione
americana, una nazione sentita dalle popolazioni coloniali come una realtà
forte e voluta da tutti gli interessati anche se nata in un contesto politico
ed economico “rivoluzionario”. La nazione americana era nata in contemporanea
come stato, anzi, per essere più corretti, come stati decisi ad una forma
indispensabile di unità.
Ogni paese ha la sua storia, quella degli Stati Uniti ne
ebbe una fra le più particolari ed originali. Il problema dell’omogeneità del
paese fu fin dall’inizio rilevante. Fra Nord e Sud, fra Est ed Ovest, man mano
che l’Unione cresceva e si espandeva, gli elementi di differenziazione anzi che
alleggerirsi si appesantivano notevolmente. Ogni nazione, anche quelle più
consolidate nella storia, nella geografia, nella comune cultura e nella
struttura economica dominante, presenta particolarismi che, sebbene scontati e prevedibili, e con i quali inevitabilmente si convive,
possono, per tante ragioni, mettere in
crisi il tutto. E scoppiano, nei casi limiti, le guerre civili. Le cause
scatenanti possono essere prevalentemente politiche o economiche o ideologiche
come in Inghilterra nel Seicento, in Francia alla fine del Settecento, in
Spagna nel Novecento; ma anche l’Italia ha conosciuto la sua guerra civile, e
tanti altri paesi europei, e tanti altri paese nel mondo.
Tutte le guerre sono terribili, ma quelle civili, quelle
cioè fra popolazioni che hanno più elementi in comune che diversificazioni,
sono le più tremende.
Le differenze fra il Nord-Est ed il Sud-Est americano , per
motivi economici e culturali, erano
probabilmente destinati ad esplodere in qualunque momento, soprattutto da
quando , da una partenza sostanzialmente equivalente ed economicamente equilibrata,
il Nord si era fortemente rafforzato puntando
sull’industrializzazione del paese e adottando una visione della vita
positiva e ottimista, tutta proiettata verso il futuro; il Sud era rimasto agricolo ed ancorato alla
conservazione di valori, ideali ed interessi
destinati ad essere travolti dalla trasformazioni in corso in America . A
complicare il quadro, il differente
ruolo e le differenti convinzioni sulla
schiavitù nera fra i tanti partiti e le
tante fazioni in campo. All’inizio degli
anni sessanta dell’Ottocento ben pochi
americani propendevano per la scomparsa totale della schiavitù nel paese.
Prevaleva l’idea, sostenuta anche dalla Corte suprema degli Stati Uniti, che ogni
stato dovesse regolare liberamente in proprio la questione. I contrasti si
riferivano ai territori federali , se cioè nel momento in cui questi sarebbero
divenuti stati dell’Unione potessero o non potessero essere schiavisti. Se
l’elemento scatenante della crisi fu la questione della schiavitù, formalmente
nei territori, sostanzialmente in tutto il paese, questione per il Sud economicamente vitale, per il Nord
ideologicamente importante, le spinte secessioniste meridionali col passare del
tempo si erano sempre più rafforzate e la tentazione di giocare la carta di una
diversa identità nazionale si era fatta sempre
più forte; e i più deboli presero l’iniziativa.
Era stato il sud a spingere alla guerra, quando undici stati
meridionali, South Carolina, Mississippi, Florida, Alabama, Georgia, Louisiana ,
Texas, Virginia, Arkansas, North Carolina, Tennessee, si erano unilateralmente
staccati dall’Unione e costituiti in una
nuova entità politica , gli Stati Confederati d’America con Jefferson Davis presidente, il 9 febbraio 1861, prima ancora che Abraham Lincoln si insediasse
come presidente eletto da tutti gli stati dell’Unione il 4 marzo di quell’anno. Le operazioni di guerra erano iniziate il 12 aprile quando i confederati avevano
attaccato il Fort federale Sumter, nello stato secessionista del South
Carolina. Per il governo degli Stati Uniti si trattava di stroncare una
illegittima ribellione, per la Confederazione di difendere la propria
proclamata indipendenza. Lincoln si impegnò con tutte le sue forze e il suo
notevolissimo ingegno politico per salvare l’Unione e , nel contempo per favorire
l’ammodernamento e l’industrializzazione del paese. Lincoln avrebbe invece aspettato quasi due anni per sventolare
ufficialmente la bandiera dell’anti schiavismo promulgando, il 1
gennaio 1863, il Proclama di Emancipazione degli schiavi appartenenti
agli stati della Confederazione. Successivamente, ci vollero altri due anni per
fare approvare dal Congresso, il 31 gennaio 1865, il XIII
emendamento alla costituzione americana per l’abrogazione definitiva e totale della
schiavitù in tutti gli Stati Uniti.
La lentezza con la quale , nel veloce turbinio delle
operazioni militari, si affrontò e risolse la questione schiavista si spiega
con la prudenza di Lincoln nell’affrontare questioni che avrebbero potuto
rendere definitiva la disintegrazione della nazione, ma non solo; c’era altro. Non
tutti gli stati rimasti fedeli all’Unione erano anti-schiavisti e per molti
politici di Washington, nonostante la guerra in corso, anzi legata ad essa , vi
erano altre esigenze prioritarie rispetto alla liberazione degli schiavi quali
le tariffe doganali a protezione della produzione industriale o l’ampliamento della rete di comunicazione
interna nel loro immenso paese.
E in realtà queste politiche pragmatiche e concrete diedero
il loro frutto: il Nord si rafforzò enormemente sul piano produttivo e materiale e poté vincere la guerra che sarebbe finita il 9 aprile1865. Cinque giorni dopo, il 14 aprile, Lincoln veniva
assassinato.
Una guerra civile , come abbiamo già detto, è qualcosa di
spaventoso, ma è anche il modo più rapido e risolutivo di risolvere certi
gravissimi problemi. Si sarebbe
definitivamente costituito lo stato costituzionale in Inghilterra, o la
repubblica democratica in Francia senza le violenze e gli arbitri della
rivoluzione inglese o di quella francese? E sarebbe mai nata le repubblica
italiana senza la guerra fratricida del ’43-45?
Forse queste operazioni riescono al meglio, compensando
tutte le distruzioni morali e materiali con risultati veramente validi, quando sono guidate con moderazione e
lungimiranza, con determinazione ma anche con prudenza, come avvenne nella guerra civile americana, condotta, più ancora di tanti altri
protagonisti, dal presidente Lincoln . E pensiamo che sarebbe andata ancora meglio per
quel paese se l’azione lincolniana non fosse stato così bruscamente interrotta .
Lincoln si era dato come grande obbiettivo della sua azione
politica la salvaguardia dell’Unione cioè di quell’unica istituzione che secondo
lui poteva garantire alla nazione
americana libertà e progresso, democrazia e legalità. Per tutto quello che lui
fece in difesa di quei valori, io credo
che a tutt’oggi gli americani gliene
sono ancora grati.
Hermann von Salza
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