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Un grosso boato, un lama di
fuoco che esce da un appartamento. Una macchina nera di grossa cilindrata
attraversa il sotto passaggio di via Crispi si dirige verso il Foro Italico.
Dall’altra parte della carreggiata in senso opposto una camionetta dei vigili
urbani cerca di raggiungere il palazzo con l’appartamento in fiamme.
La macchina supera la
chiesa della Catena e si ritrova nel viale del Foro Italico lo percorre tutto e
gira in via Lincon, costeggia Villa Giulia.
Mancava poco ormai, il
display luminoso dell’orologio nel cruscotto segnava le tre. La città era
addormentata, le strade vuote. Si sentiva in lontananza la sirena di un altro
mezzo dei pompieri.
“Ha smesso di rantolare. Il
re è morto. Presto renderò nobile questa città”.
L’uomo fece un risolino, si
sentiva eccitato, aveva compiuto qualcosa che alla fine somigliava ad un
vero rito. Nella sua mente sentiva un
pizzico di follia, di irrazionalità, qualcosa che non aveva mai provato. “Mi
sembra di fare la Storia” sapeva che stava farneticando e si divertiva. Era
stato un lavoraccio, il re era pesante, la sua massa grassa era proporzionale
alla sua stoltezza. Aprirgli la pancia era stato più facile di quello che
pensava. Il coltello che aveva scelto era stato perfetto, aveva penetrato lo
strato di pelle senza incontrare la minima resistenza. L’attesa del
dissanguamento si era rivelata lunga, e lui odiava aspettare. Aveva tante cose
da fare. E che effetto gli fece sentire la casa del re scoppiare. Vedere da
lontano le fiamme che cominciavano a devastare tutto. Si quello era stato un
lavoro perfetto. Ma ora non c’era più tempo ora doveva correre. Vedeva il re
perdere tanto sangue, stava anche uscendogli l’intestino dallo squarcio che gli
aveva fatto sulla pancia. Provava ribrezzo di questa immagine. Ora doveva
marchiarlo e poi caricarlo in macchina. Era morto, un altro tassello si
aggiungeva al mosaico.
Via Garibaldi, adesso mancava
pochissimo, vedeva piazza Rivoluzione, la statua del genio di Palermo lo
attendeva.
Frenò, indossò un passamontagna nero, scese
dall’auto aprì il bagagliaio. Dovette fare un bello sforzo per scaraventare il
corpo giù. “Perfetto, stanotte dormirai sotto la protezione del Genio”. Mancava
l’ultima cosa, calzò sulla testa del re la sua corona.
Rimase ad osservare il
cadavere, ammirava quello che aveva fatto. Era tutto come se lo era costruito
nella sua mente.
“Perfetto” ripeteva. Poi
montò in macchina e sparì inghiottito dall’oscurità.
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