8
Le vacanze natalizie
passarono in fretta, lasciando nei palermitani un ricordo delle giocate con
parenti e amici, qualche chilo in più e portafogli più leggeri.
Era sempre un Natale che la
cittadinanza aspettava con trepidazione, non erano le classiche festività
vissute come le vivono le popolazioni del nord Europa, canti neve addobbi fino
all’eccesso. È un Natale particolare, il nostro …
Gli studenti finalmente, disoccupano
le scuole. Le loro proteste cessano. Proteste che iniziano la metà di
Novembre e che terminano il venti Dicembre. Ormai questo è un rito ben
consolidato, ogni venti Dicembre tutti i problemi che la scuola vive,
magicamente spariscono.
Le famiglie ricevono le
tanto sospirate tredicesime, ei commercianti si preparano ad accogliere, addobbando
la città di luci e Babbi Natali festanti, i sospirati incassi. I centri
commerciali si riempiono e il traffico nelle strade va in tilt.
È il periodo delle giocate,
delle nottate trascorse a giocare a baccarat, degli sfincioni mangiati in
famiglia, degli elettrodomestici e delle televisioni comprate a rate.
Anche il clima dà il suo
contributo al distinguo tra il nostro e gli altri natali, il venticinque di
Dicembre si toccarono i venticinque gradi e il trentuno si arrivò ai ventinove.
Insomma tutto nella normalità, la gente stava anche cominciando a dimenticare
l’omicidio dell’ingegnere Leone, complice anche il fatto che i media avevano
messo un po’ da parte questa vicenda, per dedicarsi ad un altro fatto di
cronaca che stava interessando il Paese, la sparizione di un bambino.
La cronaca, stava lasciando
il posto alle leggende. Per molti l’assassinio dell’ingegnere, in realtà non
presentava più interesse.
Non era trapelato nulla di
particolare sulla sua vita, delitto bollato come una rapina finita nel modo
peggiore, o forse una storia di corna, o boh chissà.. però c’è chi sosteneva
anche che si poteva trattare di una setta, si parlava di nuovi Beati Paoli,
c’era chi giurava di aver visto personaggi incappucciati aggirarsi durante la
notte per le strade del centro storico, altri sostenevano che si potesse
trattare di una setta satanica.
Le mie indagini si
erano fermate da quella sera in cui raccontai tutto a Serena, ero troppo
occupato nel mio lavoro e a comprare regalini per tutti. Le feste così le trascorsi
lavorando e cercando di trovare un po’ di spazio per le serate con amici e parenti. Mia sorella
Livia per l’occasione tornò da uno stage a Londra, si presentava l’occasione
per riunire la famiglia. Ovviamente non mi sottrassi alle giocate con gli
amici, e cominciai anche a frequentare Serena e Domenico. Spesso capitava di
fare la spesa insieme, ci scambiavamo film, e di tanto in tanto anche di
aiutare Domenico nei compiti di matematica.
Gennaio invece porta sempre
un brusco risveglio a tutti noi e soprattutto porta.. l’inverno. Le temperature
si calano di parecchi gradi, passare dai ventinove di capodanno ai dieci
dell’Epifania non è una cosa molto salutare..
La sveglia squillò alle
sette in punto, un’altra giornata lavorativa cominciava.
“Mamma mia, che freddo,
cazzo! Non sono riuscito a chiudere occhio stanotte, naso chiuso.. mi manca
solo una bella influenza!”
Mi alzai, cercai Chimay, la
trovai ai piedi del letto avvolta tra le coperte, ebbi un momento di invidia,
lei rimaneva al calduccio e io no.
“ Ma che schifo di tempo,
cielo coperto, e pioggia! Bene perfetto!”
Dovevo prendere servizio
alle otto, mi vestii, ero pronto ad affrontare il grande freddo. Prima di
varcare il portone del palazzo, controllai come facevo ogni mattina la buca
della posta. Questa volta trovai oltre ai soliti depliant pubblicitari, una
grossa busta giallognola, portava sul retro solo una scritta a stampatello: PER
ANDREA RESTIVO.
“Boh, sarà una lettera di
qualche ente benefico che fa raccolta fondi” misi la busta nella borsa e mi
avviai a piedi verso l’ufficio postale.
Il tempo era davvero
brutto, faceva molto freddo e tirava un vento che ne aumentava l’intensità. “Eh
si, è iniziato l’inverno”.
Una cosa positiva questo
periodo l’aveva.. diminuiva il lavoro all’ufficio postale.
Il mese di Dicembre, è il
mese sempre più critico per noi che lavoriamo lì. Le persone si precipitano in
massa per pagare bollette, arretrati, more, se c’è un periodo adatto per
pagare, questo è il mese di Dicembre. La tredicesima viene utilizzata, dalle
famiglie, soprattutto per cercare di saldare tutti i conti scoperti che ancora
pendono. Poi c’è chi spedisce pacchi regalo a parenti che vivono al nord, chi
manda soldi a nipoti e figli.. insomma mentre molti entrano in ferie, noi
lavoriamo il triplo.
Quella mattina trovai
l’ufficio postale, stranamente vuoto, salutai i colleghi e il direttore. Presi
posto alla mia scrivania e mi ricordai della busta, la estrassi dalla borsa,
questa riportava solo il mio nome, aperta, conteneva tre foto.
Impallidii, cominciai a
sudare freddo, in quelle foto c’ero io, erano recenti, una raffigurava me
mentre uscivo dal portone del palazzo, le altre due erano state scattate di
fronte l’ufficio postale. La busta non conteneva altro, rimasi basito, ma che
significavano? Era uno scherzo? Chi li aveva scattate e perché? Mi guardai in
torno, avevo la sensazione che qualcuno mi stesse spiando anche in quel
momento, nell’ufficio regnava il silenzio. Riguardai le foto, poi le riposi
nella busta e misi tutto dentro la borsa.
“Magari sarà uno scherzo di
Sergio..”.
Il mio pallore fu notato da
Silvano – Andrea stai male? Sei pallido. – mi chiese.
Non sapevo cosa rispondere,
decisi di minimizzare – Niente, forse solo un po’ di influenza –
Silvano scrollò la testa –
La colpa è di questo maledetto tempo! Ci ammaleremo tutti. Domani è il tuo
giorno libero, cerca di riposare e se non ti sentirai ancora molto bene,
prenditi un giorno per malattia. –
Annuii – Sì, ma non ce ne
sarà bisogno, basterà solo un po’ di riposo. –
Una volta a casa chiamai
Sergio, al secondo squillo rispose.
- Sergio, ciao –
sicuramente, era al lavoro, mi dispiaceva disturbarlo, ma volevo la conferma
che quelle foto fossero solo uno scherzo.
- Ciao Andrea, scusa ma sto
lavorando, che c’è? –
- Niente, volevo complimentarmi
per lo scherzo delle foto. – ribattei facendo un risolino “me l’hai fatta
stavolta, anche se non lo ammetterò mai, sei riuscito a farmi spaventare, ma mi
vendicherò stanne certo.”
– Ma di che scherzo parli?
Quali foto? Scusa ma non ti seguo, va beh dai ci sentiamo dopo che ho da fare.
Ciao. –
“Allora non è opera sua! E chi diavolo è
stato?”
Cominciai di nuovo a sudare
freddo, continuavo a rigirare tra le mani quelle foto, stavo entrando in
panico, ero seduto imbambolato sul divano, il buio intorno a me, il vento
soffiava forte sui vetri del balcone, ero preso dal panico. Ad un certo punto
sentii il telefonino squillare.
“Questo è Sergio, che
ammette di avermi fatto lo scherzo, che stupido sono stato, andare in
agitazione per uno scherzo.”
Invece non era lui, era
Serena.
– Ciao Serena, come va
tutto ok? Posso fare qualcosa per te? – la mia voce era tutto un programma
– Andrea, ciao! Non vorrei
disturbarti, tutto bene? –
“Insomma, potrei stare
meglio” – Non mi disturbi affatto, tutto bene, dimmi –
- Bene, senti, domani è il
tuo giorno libero, no? –
In quel momento, ricordavo
a mala pena solo come mi chiamavo – Sì – risposi secco.
– Avevo pensato – continuò
lei – che domani, se ti va, potresti accompagnarmi in facoltà. Ricordi della
foto? Avevamo la curiosità di conoscere il professore De Felice. – fece una
pausa, ora ricordavo.. quella foto.
-Mi sono informata sugli
orari delle sue lezioni, domani ne tiene una da mezzogiorno all’una. Alle
undici potrei passare da casa tua e andiamo all’università. Che ne pensi? –
Accettai senza pensarci molto, forse perché volevo tagliare corto.
– Si, va bene, allora ti
aspetto domani mattina. Ciao Serena a domani. – non avevo voglia di parlare
– Ok, buona serata Andrea! –
Passai la serata camminando
su e giù tra salotto e corridoio, e il mio nervosismo aumentò quando Sergio mi
confermò, che delle foto non ne sapeva proprio nulla.
“Ma chi può essere stato? E
perché? “
Non avevo nemici, non avevo
questioni in sospeso con nessuno, nessun altro mio amico avrebbe pensato di
farmi uno scherzo così, ripercorrevo con la mente tutti i fatti che mi erano
capitati recentemente.
“ E se.. ma no, sarebbe
assurdo.. ma poi per una.. per una foto!”
Mi resi conto che l’unica
persona con cui avevo un conto in sospeso era il proprietario della foto che
avevo rubato a Dicembre.
“Ma poi figuriamoci, se
questo tizio si è messo a pedinarmi per una foto!”
Presi la foto e ricordai
dell’appuntamento l’indomani con Serena. “Comunque sia la devo restituire!”
Improvvisamente, mi sentii
addosso tutta la durezza della giornata, ero stanco, il brutto tempo continuava,
la pioggia e il vento erano un tutt’uno da diverse ore. Mi misi a letto, sotto
le coperte, avvolgendomi nel piumone, dopo poco caddi in un sonno profondo.
Mi trovavo a passeggiare sul lungomare di
Mondello, stretto tra la spiaggia e la schiera di palme e di oleandri, accanto
a me c’era Sofia, indossava un bel vestito primaverile smanicato, e avvolto al
collo portava una sciarpa di seta che si posava sulla sua schiena. Camminavamo
senza meta, senza un perché, attorno a noi non c’era un’ anima viva, il cielo
era completamente velato e faceva tutt’uno col mare, che appariva come una
lastra d’argento, era un mare senza vita. Non c’erano colori, ma solo
un’intensa luce che rendeva tutto di un’ unica tonalità, il grigio. Ad un certo
punto la mia mano sfiorò quella di Sofia, mi girai verso di lei, e mi accorsi
che l’unico colore che risplendeva era quello dei suoi occhi, di un verde così
intenso, che mi ci stavo perdendo. Notai che una lacrima stava abbandonando
quel verde, allora si fermò, rimase immobile a fissare il mare.
-Andrea – disse, il mio
cuore si stava fermando, continuò – ti devo dire che.. - non riuscivo a sentire
le sue parole, mi voltai una macchina nera, spuntata chissà da dove, si stava
lanciando in una folle corsa verso di noi. Mi lanciai su Sofia e la spinsi
sulla sabbia.
– Non ti preoccupare –
cercavo di rassicurarla – è me che vogliono, tu rimani abbassata e poi quando
te lo dico io scappa. -
La baciai, le accarezzai
i capelli, poi mi alzai, e cominciai a correre. Mi voltai, e vidi che la
macchina continuava a seguirmi, era me che volevano, allora gridai a Sofia di
correre e scappare. Continuavo a correre, ma le gambe mi stavano lasciando,
stavo raggiungendo una villa, se riuscivo a scavalcare il cancello forse ero
salvo. Il cancello era quasi raggiunto, quando senti un rumore come uno sparo
BOOM BOOM..
“Ma che cazzo succede?!” mi svegliai di
soprassalto, “Ma che ore sono?”
BOOM “E che cazzo è questo
rumore?!”
Mi alzai, il rumore
proveniva dalla porta di casa, mi diressi verso l’ingresso barcollando nel
buio, giunto dinanzi alla porta trovai per terra un foglietto, che era stato
introdotto da fuori. Lo raccolsi, accesi la luce, c’era una scritta in
stampatello: SO CHI SEI .
Rimasi paralizzato dalla
paura, poi guardai fuori attraverso lo spioncino, non c’era nessuno sul
pianerottolo, corsi verso il balcone che dava sulla strada, il vetro era
completamente appannato dall’umidità, aprii e uscii fuori, la pioggia era fitta,
provai a scorgere qualcosa, vidi una macchina che si allontanava, rientrai,
guardai l’ora, erano le tre, riguardai il foglio, tremavo. Chiusi la porta di
casa da dentro e abbassai tutte le serrande, ero terrorizzato, mi barricai
dentro, mi misi a letto completamente avvolto dalle coperte. Quella notte non
riuscii più a riprendere sonno.
Nessun commento:
Posta un commento