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Il
giorno dopo a casa di Alessio non fu una domenica qualunque, le partite furono
snobbate, il televisore mandava immagini che venivano intraviste con
disinteresse. Teneva banco la pazzia che avevo compiuto il giorno prima.
-
Ma sei impazzito? - continuava a
ripetermi Sergio, mentre sgranocchiava salatini disteso sul letto di Alessio. –
Ma lo sai cosa hai rischiato? –
-
Ragazzi ora sapete tutta la storia, ho agito d’istinto, forse anche per effetto
dell’alcool.
–
Avevo
raccontato, tutta la storia ai ragazzi, partendo da quel pomeriggio, quando
Titti si era intrufolata nella casa dell’ingegnere.
- Sì,
ho capito, ma ti rendi conto che hai rubato un oggetto? Che ti potevano
scoprire? Che devi ringraziare, che hai trovato quella povera vecchia? E se si
sono accorti del furto? –
Sergio
era paonazzo dalla rabbia, aveva ragione, la mattina dopo mi ero reso conto
della sciocchezza che avevo fatto, “per cosa poi?”
–
Per cosa poi? - continuò il mio amico, quasi leggendomi nel pensiero – Insomma
cosa prova? Cosa ci sarebbe di strano se si fossero conosciuti? O se erano
ancora amici? –
Le
sue osservazioni erano tutte giuste, avevo commesso una grossa stupidaggine, e
anche se non mi aveva portato, fin li, delle conseguenze mi aveva dato un
grosso senso di colpa. Avevo commesso un furto, preso in giro un signora
gentile, che mi aveva dato la sua completa fiducia. Mi sentivo addosso un
grosso senso di colpa. Tutto questo per prendere una vecchia foto.
Provai
a giustificarmi – Hai perfettamente ragione, non riesco a capire cosa mi abbia
preso. Sara stato il fatto che avevo bevuto. Sono stato uno stupido. –
Sergio
era passato dai salatini alla birra, emise un rutto, prese la foto in mano, le
diede un’occhiata, si scolò un altro sorso di birra, mise in bocca un’altra
manciata di salatini e disse – Beh una piccola somiglianza col tipo che è morto
c’è.. ma anche se fosse lui non ci vedo nulla di strano. –
In
tutto questo, Alessio era rimasto in silenzio, ogni tanto durante il mio
racconto assumeva delle espressioni che andavano dall’ incredulità al disgusto.
Ad
un certo punto sbottò – Ma siete impazziti? E volevate che venissi pure io! Io
avevo fiutato che c’era qualcosa di strano ieri sera, vi ubriacate e poi finite
per andare a rubare foto a casa di sconosciuti. Poi faccio male io a rimanere a
casa! Siete dei pazzi. –
Sergio
riprese la parola, dopo che si era scolato la seconda birra – Andrea, devi
restituire la foto e mettere punto a questa storia. –
Dopo
la sentenza di Sergio rimanemmo in silenzio a passarci e ripassarci quella
foto, e ad ogni passaggio ne usciva sempre un borbottio. Fu Sergio a rompere il
silenzio – Andrea, per me è quella ragazza, Sofia, che ti fa fare queste
sciocchezze. Devi dimenticarla. –
Comprendevo
le parole del mio amico, e forse in parte aveva ragione, cercavo un’ evasione
forse per distrarmi dalla realtà, il mio amico guardò poi l’orologio e disse –
A proposito di donne, devo andare da Sabrina, altrimenti mi uccide se ritardo.
–
Guardai
l’ora, decisi che anche per me era ora di tornare a casa. Salutammo Alessio e
scendemmo in portineria, dove trovammo Serena e Domenico che stavano scaricando
dalla macchina e portando dentro degli scatoloni. Li salutammo. Sergio prima di
andare mi disse – Mi raccomando Andrea, non fare altre stupidaggini. – Gli
sorrisi e calai la testa, ci salutammo e andò via.
Mi
avvicinai al portone del palazzo, volevo chiedere ai due ragazzi se avevano
bisogno di aiuto, stavo per rivolgermi a Serena che mi anticipò – Andrea, posso
chiederti un favore? –
-Dimmi!
Serve una mano per portare questi scatoloni su da te? – Lei fece un grosso
sorriso, che già voleva dire tutto.
Così
portammo in casa sua quattro scatoloni pieni di roba.
L’appartamento
che fu della signora Sarastro, mi apparve una casa con mobili molto belli,
antichi e massicci, cozzava col fatto che ora erano vissuti da due ragazzi, e
conferiva al resto dell’ambiente un’aria austera, i loro colori scuri
sembravano assorbissero tutta la luce. Su un tavolino nell’ingresso spiccava
una rosa bianca, che stava sfiorendo, contenuta in un piccolo porta fiori di
vetro. Serena si avvicinò mi strinse un
braccio e mi fece un sorriso, capì che la casa mi stava trasmettendo un senso
di inquietudine, forse era la stessa sensazione che avevano provato lei e
Domenico, quando si erano trasferiti lì.
Mi
fece un sorriso – Lo so, Andrea, questa casa incute un po’ di timore, forse
saranno i mobili così scuri, ma credimi di giorno è molto bella e armoniosa.
Questa era la casa di mia nonna. Eravamo molto legati a lei, e ci manca tanto,
è stata una grossa perdita, qui è come se sentissi sempre la sua presenza.
Vieni ti offro una tazza di caffè, ti prego di accettare, sei stato nuovamente
gentilissimo. –
Accettai
con piacere, Serena era una persona piacevole, mi sentivo a mio agio con lei,
era come se ci fossimo conosciuti da sempre. La seguii in cucina, mise su la
caffettiera e ci sedemmo attorno al tavolo. Notai che aveva dei bellissimi
occhi castano chiaro, molto profondi, mi resi conto che non l’avevo mai vista
così, era la prima la volta, che la guardavo con attenzione, i suoi capelli
castani che andavano sul miele, le incorniciavano un viso tondo di carnagione
chiarissima. Era decisamente una bella ragazza. Mi sfiorò le mani – Andrea – la
sua voce sembrava un po’ stanca, si vedeva che aveva avuto una giornata pesante
– ti ringrazio ancora, di tutto –
La
bloccai – Ma di cosa? Figurati! È stato
un piacere, e poi non avevo niente da fare – sorrisi – la domenica non faccio
mai niente di speciale. –
Il
caffè stava iniziando a fuoriuscire dalla caffettiera, Serena si alzò prese due
bellissime tazze di porcellana e ne versò dentro il liquido bollente.
-Ho
sentito, non volendo – disse con un certo imbarazzo – un tuo amico consigliarti
di non fare altre stupidaggini.. –
“Ecco
che figura faccio? Le racconto tutto, almeno si farà una risata, spero solo che
non mi prenda per pazzo.”
Arrossii
e dissi – Si, ehm era Sergio, un mio amico che forse avrai notato altre volte
perché anche lui abita qui. –
Finii
di raccontare tutto quello che mi era capitato, non tralasciai nessun
particolare, Serena ascoltò tutto con interesse e curiosità, lanciò più volte
occhiatacce a Titti, che riposava accovacciata sul tappetino della cucina, ogni
volta che nel racconto entrava lei come protagonista.
–
Andrea mi dispiace, Titti ha combinato un bel casino – le scappò una risatina,
che fu rafforzata dalla mia.
–
Sono stato un incosciente vero? – le chiesi con imbarazzo, lei si aggiusto i
capelli e mi rispose – Beh, si. Sei stato un po’ imprudente. –
“Ecco,
bella figura di .., Andrea, che vuoi prima fai le cazzate, poi le racconti in
giro e poi che pretendi? Anzi ritieniti fortunato che non ti prenda per pazzo e
che non ti perquisisca prima di andartene, per vedere se hai rubato sue foto o
magari una tazzina”. Provai a mettere una pezza – Comunque penso di restituirla
la foto, e di chiedere scusa al proprietario, non so però come la prenderà. Ma
è giusto che
rimedi. –
Mi
alzai, si era fatto tardi, lei mi guardò e mi disse – Aspetta. Raccontami tutta
la storia, mi parli di questa foto, e
alla fine ti alzi e vorresti andartene così? Senza nemmeno farmela vedere? Forse
non sai che sono curiosa come una scimmia? – Ridemmo insieme, estrassi la foto
dalla tasca.
–
Eccola, vedi. -
La
sua curiosità sembrava appagata, rimase assorta a guardarla per qualche minuto,
poi disse – La vuoi sapere una cosa buffa? –
-
Cosa? –
-
Guarda – disse – ti sembrerò pazza – “ Bene, allora finalmente sono in
compagnia”. – Non sono sicura, ma Pasquale De Felice, lo conosco. Io mi sto
laureando in architettura, e in Facoltà c’è un professore, che insegna Storia
Urbanistica delle città Italiane, è una materia facoltativa, che non è presente
nel mio piano di studi, questo professore si chiama Pasquale De Felice,
sinceramente non ricordo adesso come sia. Ma potrebbe essere lui. –
Rimasi
sbigottito “Ecco allora, adesso di pazzi ce ne sono veramente due”.
Serena
sembrava veramente eccitate dalla cosa – Sai che facciamo? – le brillavano gli
occhi – Una di queste mattine, mi accompagni in Facoltà e vediamo di trovare se
c’è qualche somiglianza tra il prof e l’uomo raffigurato in questa foto! –
Le
risposi di si, in fondo mi piaceva pensare che avrei passato una mattinata con
lei.
–
Ti ho fatto tornare il sorriso, Andrea! – disse.
Era
vero mi stavo rendendo conto che avevo di fronte una persona molto simpatica.
-
Andrea ti chiedo scusa, per il disturbo che ti ha dato Titti, ti ringrazio per
le cortesie che mi hai fatto –
-
Ma non ti preoccupare è sempre stato un piacere, anzi se hai bisogno, non hai
che da chiamare. –
-Ora
devo far ripetere storia latina a Domenico, ma poi – si interruppe un attimo,
dall’ incertezza che aveva nel proseguire, sembrava avesse paura, di fare una
gaffe – con la ragazza del tocco come è andata a finire? –
“Vorrei
saperlo pure io” – Normale – abbozzai, le feci un sorriso e le strizzai
l’occhio.
–
Beh non ti preoccupare, Andrea, a volte le donne sono proprio stupide – disse.
Mi stampò un bacio sulla guancia.
–
Notte, e appena sono più libera, magari dopo le vacanze natalizie andiamo a
vedere il nostro professore. -
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