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venerdì 4 aprile 2014

IL GIOCO DEL RAGNO CAPITOLO 24

                                       24

Alle otto e mezza mi trovavo nell’ingresso di casa di Serena, mi aveva aperto Domenico. L’appuntamento era per le nove e un quarto davanti la chiesa di Sferracavallo.
-Andrea, arrivo, un minuto ancora. –
-Sì, fai con comodo, abbiamo tempo. –
La rassicurai, non avevamo fretta, conoscevo la puntualità dei miei amici. Avevo invitato anche Sergio, ma era già impegnato e Alessio che mi rispose con un messaggio, aveva scritto solamente Forse.
“Ma che cavolo vuole dire forse? O viene o non viene. Speriamo che si decida.”
-Eccomi, pronta. Ti ho fatto aspettare scusami. –
-Ma figurati. Dobbiamo passare da Alessio. –
-Vieni pure lui? –
-Forse. –
Bussammo a casa di Alessio, si sentiva abbaiare Alfred, era l’unico segnale di vita che usciva da quell’appartamento. Riprovai, il cane era dietro la porta, sembrava che la stava abbattendo, abbaiava come un disperato. L’ululato del cane fu sommerso da un urlo di una donna –E vai ad aprire! – era la signora Silvana. Si sentivano i passi di Alessio avvicinarsi alla porta. Alfred aumentò l’intensità dei suoi latrati.
-Zittooooooo!-
Questo era Alessio che urlava contro il suo cane.
Aprì di poco la porta. Si intravedeva solo il muso del cane che cercava di allargare lo spiraglio tra la porta e il muro di casa per scappare e deliziarci con balletti e saltelli.
-Andrea ciao. –
-Ciao sono con Serena, allora vieni con noi? –
Fino ad ora non si era accorto della presenza di Serena, appreso che c’era pure lei, sembrava che avesse cambiato tono di voce. Cominciò a balbettare, alla fine si decise a venire.
-Datemi solo dieci minuti, ci vediamo giù al portone. –
-Miracolo è uscito! –
-Solitamente non esce mai? – chiese Serena.
-Diciamo che sono rare le volte che ci da questo piacere. –
Aspettammo più di venti minuti, quando lo vedemmo varcare la soglia del portone del palazzo. Stentavo a crederci, lo riconoscevo a stento. Era totalmente diverso dal solito, sembrava un altro.
Alessio era il re dei trasandati, gli unici abiti che indossava erano pantaloni sformati di vecchie tute, e maglioni infeltriti larghi e informi. Era sempre spettinato e con la barba di giorni e a completare il look delle ciabattone marroni ai piedi.
Per la prima volta lo vedevo sistemato. Capii che la presenza di Serena era stata fondamentale a questo cambiamento.
“E bravo Alessio, qui gatta ci cova”. Non dissi nulla per non imbarazzarlo, lui si scusò per il ritardo e si fiondò in macchina nel sedile posteriore.
Sferracavallo era totalmente diversa da come l’avevo sognata la notte prima. Forse era stato il vecchio Hemingway a influenzare il mio sogno e a trasformare la fiera di fine inverno nella fiesta di San Firmino. Non c’era quella marea di persone che la calcano quando c’è la festa di San Cosmo e Damiano, la piazza accoglieva solamente quattro gazebo dove erano esposte chincaglierie, un paio di furgoncini che vendevano panini imbottiti con porchetta. Niente di più, l’attrazione principale era costituita da un palco sul quale si esibiva una giovane band sconosciuta, cantava brani di musica leggera italiana. Anche le condizioni climatiche erano totalmente differenti dal caldo dei primi di settembre, un vento gelido spirava dal mare. Il golfo appariva però calmo, le barche dei pescatori erano tutte al molo.
In compenso però la serata fu piacevole, Serena conosceva per la prima volta i miei amici e soprattutto conobbe Sofia. Ero curioso di sapere cose ne pensasse. Lei ogni tanto mi gettava un’occhiata, nei suoi sguardi cercavo di scorgerne qualche segno. Alessio invece mi stupì parecchio, di solito in queste situazioni era sempre taciturno, preferiva ascoltare anziché intrattenere discussioni. Contrariamente al solito era molto più spigliato, seguiva sempre i discorsi di Serena, la appoggiava nelle sue tesi intervenendo di frequente. Io invece mi tenevo sulle mie, ero silenzioso.
Terminata la serata, una volta in auto sulla strada per il ritorno, continuai ad essere taciturno. Il silenzio fu interrotto da una risatina di Serena, seguita da quella di Alessio. Li guardai con un’espressione interrogativa.
-Che c’è? –
-Ti piace Sofia, vedo. – rispose Serena a bruciapelo.
-Ma che stai dicendo? Per me lei è ormai un’amica, mi sono stufato di andarle 
dietro. –
-Sì, si certo. Ma si vede da come la guardi, che provi qualcosa per lei. -
-Perché come la guardavo? Non mi sono accorto di averla guardata in modo
particolare. -
-Da pesce lesso. – Rispose ridendo Alessio.
-Boh, che ci crediate o no, le cose stanno così. -
- Va bene Romeo, ci crediamo – disse Serena ammiccando ad Alessio – prima che me lo dimentichi, il prete che deve cresimare Domenico fisserà un incontro con i padrini, quindi ti toccherà una bella ramanzina, preparati. –
-Ci sarò. Ma penso che ci sia un’altra notizia che devi darmi.. ricordi? Ieri mi hai detto che avevi due notizie importanti da comunicarmi, una era l’ultimo esame sostenuto, l’altra me l’avresti detta oggi. –
Serena fece un sorriso che mostrava quasi tutti e trentadue denti. Sembrava contenta che mi fossi ricordato di chiederle la notizia.
-Sì, c’è un’altra notizia importante.. ieri ti ho detto che finalmente ho finito con gli esami.. bene, il relatore della tesa mi ha proposto di farne una sperimentale a
Barcellona! –
-Ma è fantastico! –
-Fantastico! – ripeté Alessio.
- Quando dovresti partire? – chiesi.
-Fra qualche settimana, infatti Domenico, fino a Giugno starà a casa di mia zia, poi riprenderà la scuola a settembre in un istituto italo spagnolo a Barcellona. –
-Che vuol dire che riprenderà la scuola a Barcellona? Terminata la tesi rimarrai lì? –
-Andrea, non andrò solo per la tesi a Barcellona. Io, una mia amica e altri ragazzi stiamo mettendo su una piccola casa editrice che si occuperà di architettura.. e avevo pensato... -
Serena si interruppe un attimo, aveva gli occhi lucidi, si morse le labbra prima di continuare.
-Avevo pensato che anche tu potresti raggiungermi a settembre, ci servirebbe una persona che si occupi della parte amministrativa, con conti e bilanci non abbiamo molta dimestichezza. Mi prometti che ci penserai? –
Questa proposta, mi aveva preso in contropiede, non sapevo cosa rispondere. Sarebbe stata un’esperienza stravolgente, mi venne in mente qualche immagine di Barcellona, la Rambla la Pedrera, Barceloneta col suo meraviglioso lungomare. Però avrei dovuto lasciare tutto, la casa, il lavoro gli amici..
-Adesso non so che risponderti, la tua proposta mi affascina, è molto esaltante. Dammi un po’ di tempo per rifletterci su. –
-Lo so che non sarà una scelta facile da prendere, qui lasceresti tante certezze, ti dovresti allontanare dalla famiglia e dagli amici. Però.. –
- Però – la interruppe Alessio – io un’occasione così non me la farei scappare, certo sentiresti la nostalgia di me e Sergio.. – cominciò a ridacchiare.
“Sì, parla proprio lui che varca il portone di casa una volta l’anno”.
-Alessio dette da te queste cose non sono molto credibili. –
Ci mettemmo tutti e tre a ridere.
-Che bella la Spagna! – esclamò Alessio.
-Sì, finalmente una vita nuova! Qui a Giugno non avrei avuto più nemmeno una casa, dovendola restituire ai miei zii. E poi finalmente lasciare questa città che offre poco. –
-Già – continuò Alessio – questa città così bella, ma così ostile per chi la abita. –
-Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più di avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più ti aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti. Sapete chi lo disse? – chiesi.
-Italo Calvino. – rispose Serena.
-Giusto. L’altra volta lo hai citato tu, ora lo faccio io. Penso che non sia la città così ostile, ma sia chi la abita a renderla difficile da viverci. Forse non è cambiando luogo che i problemi, i ricordi, i dolori, gli sbagli scompaiono. Però Serena rifletterò sulla tua proposta. – Le feci un sorriso. Ritornammo in silenzio, fingendo di ascoltare i brani che passava la radio, ognuno assorto nei suoi pensieri, immaginando ad occhi aperti una vita completamente diversa.
Giunti a casa salutammo in portineria Alessio.
-Alessio lo trovo interessante, simpatico devo dire anche che è un bel ragazzo. – eravamo in ascensore quando Serena espresse questi giudizi sul mio amico. “E bravo Alessio, hai fatto colpo”.
L’ascensore si fermò al piano di Serena, mi prese per una mano e mi trascinò fuori, un paio di secondi dopo l’ascensore fu richiamato al piano terra. La mia amica aprii la sua porta di casa.
-Ne sei ancora innamorato vero? – chiese a bruciapelo.
-Beh io ecco..-
Si aggiustò una ciocca di capelli fissandosela dietro l’orecchio, ci avvicinammo fino a che i nostri corpi non si sfiorarono, i miei occhi erano dentro i suoi, li vedevo brillare, poi li chiuse in un istante e fu allora che ci baciammo. Dopo un attimo che sembrava un’eternità, le accarezzai il viso, la baciai di nuovo, poi mi staccai da lei e le sussurrai.
– Ci penserò Serena, ti prometto che ci penserò..-
Mi abbracciò e poi mi lasciò, regalandomi un altro sorriso.
Salii le scale, facendo i gradini a tre a tre, era come se camminassi sopra un cuscinetto d’aria che mi sorreggeva. Sul pianerottolo di casa trovai Alessio seduto sulle scale che davano di fronte alla porta.
-Ale ma che ci fai? –
-Andrea, ho un problema. Ho dimenticato le chiavi di casa, se suono a quest’ora a mia madre le prende un infarto. Posso dormire da te? Se non è un problema. -
-Certo che si, accomodati pure. –
Quella notte non riuscii a chiudere occhio, pensavo e ripensavo al bacio con Serena, alla proposta che mi aveva fatto, a ciò che avrei dovuto lasciare se mi fossi trasferito, a Sofia “Ne sei ancora innamorato vero?” questa domanda mi perseguitava, “Si vede da come la guardi” “ Ma come la guardo?” non me ne rendevo conto. Fantasticavo su come poteva essere la mia nuova vita con Serena a Barcellona.
Erano le quattro e ancora non prendevo sonno, quando sentii dei colpi provenienti dalla porta d’ingresso, Alessio dormiva sul divano del salotto, dormiva così profondamente che non aveva sentito il rumore. Mi alzai dal letto, l’aria era fredda, provai un brivido quando posai i piedi nudi sul pavimento gelato. Mi diressi verso la porta, accesi la luce del pianerottolo esterno, non vidi nulla, aprii la porta, mi scorsi per vedere se c’era qualcuno o qualcosa. Appena avanzai di qualche passo, si parò davanti a me un uomo completamente vestito di nero, con un lungo impermeabile stretto in vita da una cinta, un passamontagna gli copriva il viso, aveva anche dei guanti di pelle, accanto a lui c’era un bidoncino di cinque litri pieno di un liquido. L’uomo mi spinse dentro casa, mi cinse il collo con le sue mani, mi voleva soffocare, la stretta era talmente possente che non riuscivo a respirare, mi schiacciò la schiena al muro, non riuscivo a parlare, l’uomo stringeva sempre di più le mani sul mio collo, stavo per perdere i sensi, dovevo reagire con tutta la mia forza, non so dove la trovai, ma riuscii a divincolarmi dall’aggressore, e una volta libero dalla sua morsa presi tutta l’aria che potevo e cominciai ad urlare, l’uomo a quel punto mi tiro un pugno, che mi fece perdere i sensi, caddi di lato sbattendo la testa sul pavimento. Mi sembrava di sentire Chimay abbaiare, questo fu l’ultimo ricordo.
Quando rinvenni trovai intorno a me Alessio, Serena, Sergio e la sua fidanzata Sabrina. Mi guardavano preoccupato, mi toccai la testa, avevo un grosso bernoccolo sulla nuca, sentivo come dei graffi nel collo.
-Ma cosa è successo? –
-Un uomo ti ha aggredito! Un disastro. Stava per appiccare un incendio, ha lasciato il bidone pieno di benzina. Fortunatamente mi sono svegliato e con Chimay ci siamo scagliati contro di lui. Appena ci ha visti è scappato. –
-E voi che ci fate? – chiesi rivolgendomi agli altri ragazzi.
-Poi non sapevo cosa fare, avevo paura, così prima ho chiamato Serena, e poi ho chiamato anche Sergio. –
-Ma tu come ti senti? – mi chiese Serena.
-Insomma.. tutto rotto.. –
-Dobbiamo portarti al pronto soccorso. –
-No, non c’è bisogno, va tutto bene. –
I ragazzi insistevano per portarmi al pronto soccorso io invece mi opponevo. Alla fine la spuntai io. I miei amici passarono la notte a casa mia, ci sistemammo tutti in salotto. L’unica che non si addormentò fu Serena, mi stava accanto e mi accarezzava la testa.
-Devi venire con me a Barcellona, dobbiamo scappare da quest’incubo. – furono le ultime parole che recepii prima di addormentarmi.



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