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Due giorni dopo io e Serena
ci trovavamo di nuovo insieme, l’occasione non era delle più allegre. Seduti
sulla stessa panca della chiesa della Magione. Il funerale dell’ingegnere
Tommasini, si celebrò giovedì mattina due giorni dopo il suo assassinio. In
chiesa era presente la signora Rosa, il figlio con sua moglie e i nipoti.
Seduti più indietro, qualche vicino di casa e pochi amici, ancora più indietro
qualche giornalista. Nell’ultima fila io e Serena. Non ci eravamo più rivisti
da quella notte. Dopo che riuscii a sfuggire dalle fiamme dell’appartamento
dell’ingegnere tornai a piedi a casa, scambiai qualche parola al telefono con
Serena, lei aveva accompagnato la signora Rosa prima al commissariato e poi
nella mattinata a casa della vicina. Trascorsi quello che restava della notte
in bianco, alla sette e mezza ero già al lavoro e appena tornai a casa crollai
per il sonno. Adesso increduli partecipavamo al funerale.
La mattinata era fredda,
anche se un bel sole risplendeva su un cielo senza nuvole. La funzione fu
breve, fatte le condoglianze alla famiglia, ci congedammo dalla signora Rosa
con un abbraccio che voleva dire tanto. Lasciata la chiesa ci sedemmo su una
panchina del parco che sorgeva davanti alla Magione. Sentivamo ancora il peso
che quella nottata ci aveva lasciato, Serena ne portava i segni in viso, aveva
due profonde occhiaia.
-La polizia ti ha fatto
domande ieri notte? - le chiesi prendendole una mano.
-No assolutamente. Ho solo
detto che ero un’amica della signora e che l’avevo accompagnata per aiutarla a
cercare l’ingegnere. Poi agli inquirenti non ha menzionato né il mio né il tuo
nome. –
-Capisco. –
-Tu invece hai rischiato
vero? Ma come ti è venuto in mente di andare a casa sua? –
-Volevo arrivarci prima
dell’assassino, forse avrei potuto recuperare qualche cosa che poteva esserci
d’aiuto per fare chiarezza, e invece lui era già lì e ha bruciato tutto..
guarda l’unica cosa che ho potuto salvare dalle fiamme. –
Estrassi dalla tasca, la
foto che avevo preso dal cassetto della scrivania dell’ingegnere, e gliela
porsi, puzzava ancora di benzina.
-Non capisco.. ma questo
sei tu! –
-Sì, è uguale ad una di quelle
che ricevetti a Gennaio in forma anonima. Serena credo che sia stato
l’ingegnere a scattarle e a mandarmele. –
-Ma perché? Per via di
quella maledetta foto che avevi preso da casa sua? –
-Non lo so.. può darsi..
forse mi aveva scambiato per qualcun
altro. –
So chi sei.. l’ingegnere mi aveva pedinato, lui mi aveva mandato
la busta contenente quelle foto, e sempre lui mi lasciò sotto il portone di
casa il foglio.. So chi sei. Ricordo quando venne a casa mia e mi scrutò
come se mi stesse analizzando. Non parlava, mi fissava solamente.. fino a
quando non si sciolse, e mi parlò della sua vita della sua famiglia, della
sofferenza che provava per la lontananza della figlia. Si era confidato con me,
perché aveva capito che non ero io quello che stava cercando.
“Poi dopo un po’ di
tempo mi ha detto che era tutto a posto che sicuramente eri un bravo ragazzo..”
così aveva detto la signora Rosa.
-Andrea pure io ho una cosa
da mostrarti, riguarda la notte della morte di Tommasini.. –
Aveva tra le mani un foglio
stropicciato, me lo porse.
-L’ho trovato accanto al
corpo, l’ho messo in tasca e poi me ne sono dimenticata, l’indomani mi sono
accorta che è una cosa importante, un altro messaggio scritto dall’assassino. –
Ora ricordavo.. mi era
parso quella notte di scorgere un foglio tra le canne del letto del fiume. Lo
stirai e lessi:
IN GIRUM IMUS NOCTE,
ECCE ET CONSUMIMUR IGNI
-Sembrerebbe latino.. ma
perché non l’hai dato alla polizia? –
-La notte dell’omicidio
l’ho dimenticato in tasca, il giorno dopo avevo paura..-
-Paura?-
-Sì, paura.. paura della
reazione della polizia, paura di finire in mezzo a tutta questa storia, paura
di.. Andrea quello che ho visto è stato scioccante, la morte di un professore
con il quale ho parlato due giorni prima, la morte di Tommasini, quel sangue,
tu che sei stato minacciato e che ti sei salvato per miracolo.. –
- Si, ma capisci che
potrebbe essere importante per le indagini? Ma poi che cavolo vuole dire questa
frase? –
-Suona più o meno così –
disse sistemandosi una ciocca di capelli – nella notte andiamo in giro, ecco
si consuma con il fuoco. –
- Ma che vuol dire? Non ha
molto significato. –
-Perché c’è qualcosa che in
questa storia ha significato? –
Serena abbassò la testa,
una lacrima le stava scendendo dal viso. Solo io potevo capire quanta tensione
aveva addosso. La abbracciai e lei si strinse forte a me. Tra le mani avevo
quel foglietto. L’unica cosa che mi faceva venire in mente erano le fiamme che
avevo visto due sere prima.
-Posso prenderlo? – le
chiesi – forse so chi mi può aiutare a capire cosa c’è scritto. -
-Certo tienilo pure. –
-Serena devo incontrare Lo
Vecchio, e dargli la foto. -
La mia amica si ritrasse
dal mio abbraccio, il suo volto assunse un’espressione preoccupata, una luce
cupa calò sui suoi occhi. Cominciò a torturarsi i capelli intrecciandoli e
tirandoseli con le dita. La bocca si irrigidì, stava per parlare quando
l’anticipai.
-Lo so.. mi espongo
completamente in questo modo. –
-Sai che lui potrebbe
essere uno degli ultimi elementi di questa catena di omicidi? Sai che non
sappiamo nulla di lui? E se è lui ad aver commesso questi crimini? Che ne sai
tu? Perché devi rischiare? –
-Perché se non lo faccio io
lo faresti tu, ne sono sicuro. Quell’uomo rischia di essere ucciso. Gli lascio
la foto, se vuole intendere intenda. Magari sono solo coincidenze, magari mi
prenderà per pazzo. Ma lo devo fare. –
-Quando pensi di
incontrarlo? -
-Proverò la settimana
prossima, in coincidenza del mio giorno libero. Andrò all’università, il suo
assistente aveva detto che ci sarebbero stati esami. –
Rimanemmo in silenzio gli
sguardi persi nel vuoto, intanto gli addetti dell’agenzia funebre aveva
sistemato la bara nella Mercedes nera. I parenti e gli amici dell’ingegnere
salirono ciascuno nelle proprie auto, erano ora pronti ad accompagnarlo per
l’ultimo giro per le strade di questa città.
-Chissà se l’amava? –
-Cosa? –
-Questa città. –
Serena scosse la testa –
Penso che ormai fosse indifferente, l’unica cosa a cui pensava era alla
famiglia che aveva avuto.. – poi respirò profondamente e riprese – Si, hai
ragione io farei la stessa cosa.. anzi farò la stessa cosa.. infatti
continueremo insieme le nostre indagini. –
La parola nostre la sottolineò facendomi un
bellissimo sorriso.
-Sai che sto imparando lo
spagnolo? Da quando mi hai parlato della Spagna me ne sono innamorata. –
Cominciai a ridere.
– Bene, allora poi lo insegnerai a me e poi
chissà andremo a vivere lì. –
-Fai meno lo spiritoso,
mister Sherlock Holmes, che ancora non riesco a spiegarmi come hai collegato
quella sorta di triangolino al punto esatto dove si trovava il corpo del povero
ingegnere. E poi il delta dell’Oreto! Come se quello fosse un fiume grande come
il Po! –
-Beh si, forse era solo un
segnetto senza significato. E stato allora un colpo di fortuna. Ma potrei anche
averci visto giusto. –
La guardai dritto negli
occhi cercando di trattenere una risata.
-Sai – continuai – spesso
le menti più razionali si spingono troppo in la con la razionalità che ne
varcano il confine e cadono nell’irrazionalità. –
Mi guardò seria, non disse
nulla per qualche secondo e poi esclamò – Dio, ora questo ragazzo pure filosofo è!
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